Branca E/G

L’orizzonte mi conquista

e fermo io non so più rimanere

Vivo per scoprire fino in fondo

come è fatto il mondo…

(L’Esploratore, Khorakhanè)

In tutto il territorio nazionale osserviamo le proposte che i Capi hanno preparato per le loro Guide ed Esploratori. Sentiamo la necessità di avviare una lettura delle realtà che possa essere di supporto ai Capi, perché i giovani possano guardare nuovamente fuori dalle loro case, una volta tornati nei loro angoli di squadriglia e nell’avventura all’aria aperta, nella loro vita scolastica e di tutti giorni. Abbiamo la consapevolezza che questo tempo lascerà loro alcune cicatrici che potranno però essere segni capaci di far vivere nuove avventure, ma che non vada sprecato o considerato solo un momento difficile da superare.

Crediamo che sempre più debba essere alimentata nei ragazzi la capacità di osservare, per agire avendo pensato. Vorremmo che i ragazzi, con il supporto dei Capi, trovassero il modo di scendere in profondità per seminare oggi quello che fiorirà domani, per essere protagonisti attivi di questi giorni scoprendo e cominciando a costruire nuove possibilità e nuove capacità utili per il domani.

Coscienti che l’avventura è “un richiamo che rapisce l’anima” abbiamo scelto di proporre una lettura di ogni momento per i Capi suggerendo dei possibili strumenti per una lettura da parte dei ragazzi, consapevoli che è solo una proposta che va calata nella specificità del vissuto di ogni singola realtà locale.

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Il tempo presente

Ricevo doni dal mare

Al di là del mare

Partire per arrivare al di là del mare

Il tempo della presentazione è il tempo del presente: come appare e cosa racconta la realtà intorno alle nostre guide ed esploratori

Quanto è strano il tempo che stiamo vivendo. È un tempo che sembra sospeso, una realtà che non ci aspettavamo. È stato una sorpresa che ci ha messo in uno stato di novità. Questa condizione che abbiamo scoperto ci ha fatto sospendere la vita così come l’abbiamo sempre vissuta. È un tempo così fuori dall’ordinario, così distante dalle nostre abitudini, che dona a noi adulti e ai ragazzi una realtà che talvolta sembra irreale.

I ragazzi sperimentano la noia, una dimensione quasi sconosciuta alle loro vite strapiene. Spesso è unita alla frustrazione data dall’idea del tempo mal sfruttato. Le loro giornate anche adesso sono spesso piene, ma di compiti o giochi da fare in solitudine dopo le difficili ore passate al computer con gli insegnanti. Il ritmo delle giornate non è scandito dai luoghi diversi, ma sempre dalle stesse stanze. Ma la noia può esserci amica se riusciamo a vedere e far vedere in questo tempo di vuoti un’opportunità per dedicarsi a scoprire e fare qualcosa che sviluppi sé stessi. Se i ragazzi saranno capaci di usare il tempo in modo costruttivo e libero dagli schemi, la noia può diventare occasione di creatività e di crescita.

Del tempo scopriamo una durata nuova, non sfugge più, anzi spesso fatica a passare. Il tempo assume un valore e così le scelte che i ragazzi fanno per impegnarlo, investirlo, spenderlo. Questa può essere l’occasione per i ragazzi di scoprirsi limitati, di sperimentare la paura. La paura del contagio, di scoprirsi malati o che la malattia abbia coinvolto qualcuno a cui tengono molto. Limite estremo: il tema della morte. «Nessun giovane può credere che un giorno morirà» scrive W. Hazlitt perché poco si addice all’età giovanile e da sempre si abbina alla vecchiaia tanto che non è più qualcosa di cui si parla o al massimo se necessario; in questo tempo la morte è diventata una presenza nelle vite dei ragazzi, pranza con noi quando guardiamo il notiziario e la sua presenza ricorda che non siamo immortali come i supereroi di un tempo. La morte è diventata parola ricorrente che sconvolge orari, desideri e progetti costringendoci a riorganizzare un’intera esistenza e va rimessa al suo posto perché potrà essere “maestra” quando usciremo dalla tempesta. Non è semplicemente un grosso imprevisto mai pensato e se è posta sull’orizzonte davanti a noi può rientrare nella dimensione dell’uomo, inoltre la possiamo accogliere alla luce del Vangelo pasquale come porta per la novità, senza doverla “esorcizzare” ma dovendoci passare in mezzo con le lacrime e la speranza perché sia “sorella morte” e ci doni la possibilità di accogliere la vita intera. L’ansia diventa il leitmotiv della comunicazione: quanti contagiati, quanti morti, quanti guariti, quanti nelle nostre città…

Fortunatamente, oltre ai sentimenti negativi, i ragazzi riscoprono anche il coraggio di non abbassare il tono del loro passo e di vivere il tempo con gioia e fantasia. Scoprono o rafforzano all’interno della propria famiglia la responsabilità che gli viene chiesta nel vivere sotto lo stesso tetto H24: prendendosi cura dei fratelli e delle sorelle più piccole, dando una mano nelle pulizie domestiche, compiendo atti di collaborazione… Riscoprono la propria famiglia: non ci si vede più per caso ad ora di pranzo o di cena ma per un’intera giornata, costringendosi a parlare di più, a conoscersi di più anche nelle proprie fragilità che non è più possibile celare. Nel silenzio e nel senso di vuoto che molto più spesso li circonda, i ragazzi percepiscono più intensamente sensazioni ed emozioni che non possono fare a meno di ascoltare e assecondare. Ma vanno anche riconosciute e ad esse va dato un nome. Il silenzio amplifica l’isolamento e la solitudine: perdendo le occasioni di socialità e incontro con gli amici e le persone a loro care, ai ragazzi possono venire a mancare energie e motivazioni. E, complice la loro convinzione che il virtuale sia sovrapponibile al reale, potrebbero mancare di chiavi di lettura delle sensazioni che ne derivano.

Nella solitudine, tuttavia, i ragazzi possono dar vita a riflessioni che li aiuteranno a soffermarsi su loro stessi, ad ampliare la conoscenza di sé stessi: è un tempo utile e positivo per osservarsi, chiedersi cosa gli piace fare, cosa vorrebbero essere, cosa gli fa paura, cosa sanno far bene, progetti, ostacoli, opportunità…

In questa solitudine spesso i ragazzi riscoprono le relazioni, sentono la voglia di parlare di più coi loro coetanei e amici, di cercarli (seppur solo in modo virtuale). Capiscono quanto siano importanti i rapporti per dare senso e spessore al proprio tempo. In alcune occasioni, i ragazzi si sentono importanti e utili per insegnare come usare i mezzi tecnologici a genitori, zii, nonni.

Per i ragazzi questo è un tempo che limita l’esperienza di ciò che per loro è bello. Probabilmente ne provano nostalgia e per questo abbiamo la possibilità di aiutarli a cogliere anche tutta quella bellezza che hanno sempre davanti e che non sono capaci di cogliere. Gli manca la bellezza di ricevere o donare un sorriso non mediato da una webcam, di un cielo con il sole appena usciti da scuola, … la ricerca del “bello” nell’altro, nel creato che ci circonda è quell’esercizio che ha permesso a San Francesco, nel bello delle creature, di trovare il “Bellissimo”. Senza questo esercizio, oggi per i ragazzi potrebbe essere difficile trovare Gesù. Ma forse, questa situazione di assenza così evidente può essere un gancio per valorizzarla, per cogliere l’occasione e sensibilizzare ad apprezzare e desiderare il bello.

Ricevo doni dal mare che ora mi sta circondando

Questo oggi pur presentando dei limiti ai ragazzi, permette loro di fare e vivere cose nuove.

I ragazzi imparano a stare con sé stessi. Si impara a convivere con il proprio io, a leggersi dentro e magari a reiventarsi.

La famiglia mi dona un nuovo concetto di libertà. I ragazzi sperimentano di averla persa, soprattutto tra le mura domestiche, ed è un passaggio forte rispetto alla loro eterna lotta contro le regole imposte di volta in volta dagli adulti. L’esperienza della limitazione delle proprie libertà personali, imposta dalla situazione, è un’occasione eccezionale per sperimentare il vero senso della libertà, che non può essere illimitata, ma consiste nello scegliere tra le diverse possibilità autolimitandosi per il bene comune e la libertà di tutti.

I ragazzi vivono come in un campo estivo permanente: devono cucinare, pulire la tenda ops casa, stare perennemente con la propria Squadriglia ops famiglia, avere un incarico di Squadriglia ops apparecchiare e spazzare la cucina, convivere con lo Squadrigliere più piccolo che si “azzecca” sempre ops il fratellino di cui non mi libero nemmeno la mattina visto che non va a scuola… ma possono anche imparare a fare cose nuove come cucinare o suonare uno strumento, scoprire nuovi interessi, come la lettura, un genere cinematografico, … Passare più tempo con la propria famiglia, con quei genitori magari spesso assenti per giorni per lavoro, scoprire che per il fratello si è un super eroe e che non c’è nulla di più bello che vederlo quando prova ad imitarlo in quel che fa e quel che dice e che prendersi cura di lui alla fine lo fa sentire grande e felice.

Certamente lo scautismo e la proposta cristiana hanno dato loro un modo di fare e di essere, costruito durante campi, imprese e uscite, con cui oggi affrontano questo periodo: le competenze, la capacità di affrontare la fatica, la resistenza, l’obbedienza, l’essenzialità, lo spirito positivo, costruttivo e solidale, la speranza e la misericordia.

I ragazzi vivono l’essenzialità oltre lo scautismo. Imparano il valore del risparmiare e del non sprecare magari anche perché abitano contesti economicamente provati, sanno inventare attività con ciò che già possiedono, non avendo la libertà di procurarsi facilmente nuovi “stimoli”.

Si sviluppa un nuovo approccio alla tecnologia che diventa strumento fondamentale per comunicare, per la scuola, per lo sport, per la vita di reparto e anche per le ordinarie relazioni di amicizia, bisogna però conoscere ancora meglio quei mezzi che una volta erano solo lo strumento incollato davanti alla loro faccia… Sperimentano una inedita “ecologia della tecnologia” scoprendo anche nella rete una risorsa limitata da usare con criterio. Un’occasione per imparare a non sprecare, a darci dei limiti, perché non accada che venga a mancare a qualcuno o a noi stessi, nel momento in cui serve davvero.

I ragazzi scoprono che il “bello” è anche dentro la loro casa, anche se piccola, perché la sera ci si può comunque affacciare e godere di un bel cielo stellato, e il giorno ci si può far accarezzare da un’arietta fresca che entra dalla finestra aperta. Scoprono il “bello” dei loro genitori che provano in tutti i modi a stargli vicini, a supportarli, a dargli quello di cui hanno bisogno. E allora in questo nuovo esercizio di bellezza ecco che forse si riesce ad incontrare anche il “più Bello tra i figli dell’uomo”.

Al di là del mare c’è qualcuno (arriva un segnale che me lo indica). Cosa ci sarà?

Il limite dello stare in casa vincola i ragazzi sul piano “orizzontale”, le quattro mura diventano una sicurezza ma talvolta una prigione, un ostacolo per lo spazio che potrebbero e vorrebbero percorrere ma questo che vivono può diventare il tempo in cui si scende in profondità, si affronta se stessi, ci si scopre sempre più e si “sale il monte” dove è là che il Signore si fa conoscere. Si apre una dimensione “verticale”, trascendentale, il tempo è quello disteso che permette di fermarsi, rileggersi, riflettere, vivere al di fuori della dimensione del fare e del correre.

Questo tempo ha spezzato le consuetudini della vita quotidiana, la scuola, gli amici, lo sport, la vita cristiana e la vita scout nelle forme a cui siamo abituati. Questo ci disorienta perché ci toglie una serie di riferimenti: stare insieme, imparare facendo, la vita all’aria aperta… Quello che noi capi dobbiamo avere ben presente è che l’impossibilità di utilizzare gli strumenti a cui siamo abituati, accendere un fuoco e cantarci intorno, fare un’impresa, montare una tenda, pregare insieme, non ci impedisce di educare ai valori dello scautismo. È ancora più necessario, oggi, distinguere tra gli strumenti educativi e i valori a cui educhiamo attraverso essi. Abbiamo il compito di stare accanto ai ragazzi e mantenere la relazione educativa con loro, aiutandoli a coltivare le relazioni tra loro e a ritrovare lo scautismo che è già nelle loro vite.

Con gli strumenti che la tecnologia ci mette a disposizione gli esploratori e le guide sono in contatto con la squadriglia e il reparto. Spesso sono le uniche persone, oltre la scuola e la famiglia, che sentono con regolarità e coltivano un’appartenenza e una relazione stabile.

Ecco il nostro compito più importante oggi: imparare a leggere tutto quello che della proposta scout è ben presente anche in questa situazione e aiutare i nostri ragazzi a viverlo. Ad esempio la capacità di essere ottimisti, sorridere e cantare; essere laboriosi perché, non avendo tutto quello a cui siamo abituati, sappiamo industriarci o accontentarci; essere cittadini attivi attraverso l’informazione e scelte responsabili per il bene comune; essere laboriosi ed essenziali, comprensivi e altruisti, cortesi e generosi in un momento in cui l’ansia e lo stress colpiscono un po’ tutti. Dare un calcio all’impossibile trovando il modo di riunirci online, di giocare a distanza, di fare cose insieme adattandoci a un contesto nuovo e particolare. La capacità di seguire le parole del Vangelo pur nell’impossibilità di partecipare alla liturgia e alla catechesi.

Dobbiamo saper cogliere e far cogliere che è grazie allo scautismo se oggi siamo particolarmente allenati e sappiamo vivere l’attesa, la pazienza, il silenzio e la fiducia, la fatica, se sappiamo affrontare il futuro con entusiasmo e speranza. Dobbiamo saper riconoscere le tante esperienze che possono guidarci a vivere la Promessa e la Legge Scout, presenti ed efficaci anche nella situazione contingente. In questo consiste l’essere scout oggi.

Questo è un tempo in cui i ragazzi possono provare a rispondere a due semplici domande:

Sono stato o non sono stato scout in questo tempo?

Come ho portato avanti il mio ruolo in Squadriglia?

Ho partecipato alla vita di Reparto?

Questo tempo lo sto vivendo da cristiano, amato figlio di Dio?

Partenza per arrivare al di là del mare. Cosa sarà necessario fare?

I ragazzi potrebbero vivere questo tempo anche come opportunità di verifica, dalla quale uscire con un sogno su loro stessi, sulle persone e le relazioni, sul mondo che li circonda, e con un progetto per realizzarlo una volta che tutto “sarà tornato come prima”.

Le nostre attività virtuali possono essere i messaggi nella bottiglia che ci spingono a ripensare noi stessi, a immaginare un futuro di speranza e a progettare il bello che saremo di nuovo in grado di vivere.

Vorremmo un domani aver saputo sfruttare questo tempo per crescere, diventare migliori e migliorare il mondo, ovvero aver fatto scautismo. Forti di un tempo non sprecato ma ben utilizzato, vogliamo rimetterci in marcia sui nostri sentieri con un’esperienza utile e preziosa in più alle spalle, essendoci presi il tempo per progettarci nel cammino successivo.

Cosa voglio essere dopo questo tempo?

Cosa cercherò di migliorare di me, di apprendere?

A cosa dovrò stare attento per realizzare il mio sogno?

Cosa voglio realizzare per me stesso o per rendere il mondo un po’ migliore?

Cosa devo fare per concretizzare il mio progetto?

Quale voglio che sia la mia prima cosa bella e cosa mi occorre fare per realizzarla?

Non sappiamo ancora quando, ma questo momento arriverà, magari all’improvviso, e allora dovremo essere pronti a prendere il largo.

Stiamo attraversando un tempo sfidante che ci mette alla prova, ponendoci ostacoli da superare e opportunità da cogliere. Il Motto “estote parati” è lo spirito con cui affrontarlo per essere preparati a ripartire quando tutto ritornerà come prima.

Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora. Mt25,13